Alzheimer e problemi di udito

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, abbiamo preparato un articolo per fare il punto sui diversi studi che dimostrano il rapporto tra Alzheimer e problemi di udito.

Già da tempo infatti è nota alla comunità scientifica il profondo legame tra Alzheimer e problemi di udito, ma forse tale consapevolezza è ancora poco diffusa tra la popolazione. Eppure l’Alzheimer e l’ipoacusia sono accomunati da diversi fattori: non ricordare e non sentire bene possono creare infatti lo stessi senso di impotenza e disagio, che spinge molte persone, specialmente le più anziane, all’autoisolamento e alla rottura dei legami familiari.

L’isolamento aggrava sia l’Alzheimer che problemi di udito: la mente, provata degli stimoli sonori derivanti dalla conversazione con gli altri, invecchia precocemente, lasciando progredire la degenerazione cognitiva. Secondo gli studiosi dell’Università di Baltimora, il declino cognitivo è dovuto ai problemi di udito almeno in un caso su tre.

Gli studi sul legame tra Alzheimer e problemi di udito

Ma cosa dicono gli studi più recenti su Alzheimer e problemi di udito? Gli apparecchi acustici, che allo stato attuale rappresentano l’unico mezzo per sopperire efficacemente all’ipoacusia (se inseriti in un contesto di riabilitazione uditiva sotto la guida dell’audioprotesista) possono aiutare?

Primo studio

Qualche anno fa, la ricercatrice Elhm Mahmuodi (PhD) e il suo team dell’Università del Michigan hanno concluso uno studio molto interessante sul rapporto tra Alzheimer e problemi di udito in perfetta linea con questa tendenza illustrata prima, e cioè che sono profondamente correlati.

A tutti i soggetti convolti nello studio (oltre 110.000) era stata diagnosticata l’ipoacusia e la conseguente prescrizione di indossare regolarmente gli apparecchi acustici; ma non tutti hanno rispettato la prescrizione, creando così due gruppi distinti: quelli con gli apparecchi acustici e quelli senza. Confrontando entrambi i gruppi è emerso che in quello formato da coloro che hanno indossato gli apparecchi acustici con regolarità si registravano:

  • meno 18% diagnosi di demenza senile
  • meno 11% diagnosi di depressione
  • meno 13% cadute rovinose

I ricercatori sono dunque giunti alla conclusione che l’utilizzo degli apparecchi acustici per contrastare l’ipoacusia è efficace e ritarda l’invecchiamento del cervello causato da questa malattia.

Secondo studio

Risale all’aprile di quest’anno un altro studio condotto da dottor Fan Jiang (PhD) che ha dato risultati molto simili. Utilizzando i dati dell’UK Biobank, i ricercatori hanno selezionato oltre 430.000 soggetti tra i 40 e 69 anni, alcuni dei quali con perdita dell’udito accertata, con e senza apparecchi acustici. È emerso che, rispetto ai partecipanti senza perdita dell’udito, le persone con perdita dell’udito senza apparecchi acustici avevano un rischio maggiore di sviluppare demenza senile e Alzheimer.

Inoltre, è stato registrato che l’uso degli apparecchi acustici ha ridotto l’isolamento sociale (1,5%), la solitudine (2.3%) e la depressione (7,1%) che come abbiamo visto sono fattori scatenanti per l’Alzheimer.

Conclusioni

La conclusione della ricerca ha evidenziato che nelle persone con perdita dell’udito, l’uso di apparecchi acustici è associato a un rischio di demenza di livello simile a quello delle persone senza perdita dell’udito. Partendo dall’ipotesi che fino all’8% dei casi di demenza potrebbero essere prevenuti con un’adeguata gestione della perdita dell’udito, gli studiosi si sono uniti all’appello che ogni giorno anche noi audioprotesisti rivolgiamo a tutti, e cioè la necessità di adottare misure concrete per affrontare la perdita dell’udito, anche al fine di migliorare il declino cognitivo.

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